Welcome

Benvenuti nel Blog di Melina e Giada ^^
In questo blog pubblicheremo le nostre fan fiction
Potete leggerle e commentarle ma NON COPIARLE in alcun modo =)
Buon divertimento =)

Regolamentooo

Come in ogni Blog che si rispetti, anche qui ci sono poche e semplicissime regole da seguire:)
1) NON copiare le fanfiction di altri autori, usate la vostra fantasia
2) Nei commenti cercate di essere gentili, se l'autore ha fatto degli errori e volete correggerlo, fatelo, ma con garbo
3) NON scrivete tutto in maiuscolo, nè le recensioni nè le storie
4) NON scrivete in linguaggio sms
5) Per essere autorizzati a pubblicare le vostre storie, cliccate sul link apposito che vi porterà nell'altro nostro Blog addetto

Detto ciò, non dimenticate la 6° ma non meno importante regola! DIVERTITEVI!!! :D

lunedì 13 agosto 2012

C'è sempre una speranza (22)


Vegeta e Kurt, due spietati soldati delle S.S., le Schutzstaffel, all'arrivo del treno al campo di sterminio, conducono, insieme ai loro comilitoni, gli ebrei all'interno del lager.

Rischiando ogni giorno la morte, una Judea riuscirà a rompere il ghiaccio nel cuore del crudele soldato. Riusciranno a scappare da Auschwitz? Si salveranno? Non vi resta che leggere.

Storia scritta con Stellina86

[Capitolo 5 modificato]

Autore: vegeta4e | Rating: Arancione | Genere: Guerra, Romantico, Storico | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta

Pubblicata: 26/09/10 | Aggiornata: 27/01/12 | Note: AU | In corso

Categoria: Anime & Manga > Dragon Ball |


C'È SEMPRE UNA SPERANZA


23 gennaio - Marsiglia - Francia

Dopo essermi caricato in spalla i cadaveri e averli gettati nel cortile sul retro dalla finestra in fondo al corridoio, torno in stanza, trovando Bulma, la francese e il marmocchio in rigoroso silenzio. Istintivamente mi cade lo sguardo sul ventre piatto dell'ebrea.

“Aspetto un bambino!” le sue parole mi tornano in mente, anche se non riesco a credere che lì dentro ci sia veramente mio figlio...

“Ormai è inutile scappare... È meglio se per stanotte riposiamo, partiremo domani all'alba” dico rompendo il silenzio.

“Sei pazzo? Avranno già chiamato qualcuno! Si saranno accorti degli spari, non credi?” interviene l'ebrea.

“Nessuno di noi è in condizioni di proseguire a piedi!” continuo io

“E se usassimo l'auto dei tedeschi?” mi volto verso la francese, potrebbe essere un'idea. Mi affaccio verso il vialetto d'ingresso, vedendo posteggiata la jeep dei miei ex colleghi.

“Possiamo tentare, peró dobbiamo scendere da qui, senza passare dall'entrata” loro annuiscono e lentamente sollevo la francese, calandola giù dalla finestra.

Lei appoggia i piedi sul cornicione, dopodiché salta atterrando sull'erba.
Faccio lo stesso con il moccioso e Bulma, saltando infine io. Silenziosamente salgono tutti sull'auto nemica, mentre io cerco di accendere il motore con i cavi della macchina.
Dopo un paio di tentativi, un rombo mi fa riaccendere le speranze, forse possiamo ancora farcela.
Senza perdere tempo mi metto al volante, partendo sgommando e rientrando in strada.
Ho paura.
Sì, ho veramente paura. Se ci dovessero prendere cosa farei? Per ora ho mantenuto il sangue freddo davanti alla morte, ma ne saró ancora in grado? Preferirei essere fucilato immediatamente piuttosto che essere portato in un campo.
Ho sempre avuto il terrore di quel posto, il mio punto di forza era solo la divisa che indossavo.
Sapevo che non avrei corso nessun pericolo se avessi dimostrato forza e indifferenza, e grazie al mio carattere sono sempre riuscito a salvare la pelle. Sono sempre stato bravo a nascondere le mie emozioni, non ringrazierò mai abbastanza la natura per avermi regalato questa capacità.
Penso che morirei.
Senza dignità, nome. Non essere visto più come persona, ma solo un numero, solo un essere da sfinire prima di essere ucciso.
Mi rendo conto solo ora di quanto stupido e codardo sia stato.
Pur di sopravvivere ho mandato alla morte gente innocente, persone come me, che differivano solo nelle credenze. Senza nemmeno rendermene conto passo tutta la notte a guidare.
Questi pensieri mi assillano, quante persone ho ucciso?
Centinaia? Migliaia?
Mi viene un brivido, mentre in mente mi torna l’immagine della ciminiera fumante del forno crematorio.
Verso il pomeriggio arriviamo nella periferia di Parigi. La benzina sta per finire, spero solo che almeno qui avremo un po' di respiro.
Dopo aver attraversato la città, vedo davanti a me un enorme palazzo grigio. Il portone di bronzo adornato accoglie la scritta "Ambasciata Polacca".
Forse ora saremo al sicuro.
Scendiamo dal veicolo, raggiungendo poi l’entrata. Busso sperando di passare inosservato nella folla, non voglio che mi riconoscano, metterei nei guai tutti quanti.
Dopo pochi secondi il portone si apre, trovandomi davanti un uomo sulla cinquantina d’anni. Indossa una divisa militare, ha i capelli brizzolati e dei baffi appena accennati.
Sguardo duro, posa composta. Mi mette soggezione.

“Voi sareste?” domanda. Non so cosa dire, non credo di essere la persona più adatta a spiegare la situazione.

“Siamo ricercati... Cerchiamo riparo, stiamo scappando da mesi e siamo stanchi. La prego, c’è posto per noi?” interviene Bulma. L’uomo ci squadra uno per uno, fissando me con un’aria dubbiosa.

“Siete tutti ebrei?” chiede ancora.

“... No. Io no” ammetto. L’uomo assottiglia lo sguardo senza mollarmi di vista.

“Loro due sono ebrei...” indico Bulma e il bambino “... Lei invece è francese, è ricercata per essere fuggita insieme a noi” indico la cameriera

“Capisco. Tu invece cosa sei?”

“... Un tedesco. Sono riuscito a portarli fin qui, anche se stanno cercando anche me...”

“Bene allora. Per voi tre c’è posto, accomodatevi pure. Lei invece non può entrare, questo luogo è esclusivamente per loro” dice avanzando di un passo per farmi arretrare.

Il moccioso mi guarda, mentre Bulma si porta una mano alla bocca.
Lo immaginavo, cosa speravo? Che mi avrebbero accolto a braccia aperte? No.
Avrei potuto benissimo mentire, avrei potuto dire di essere scappato insieme a loro, ma forse non avrei ingannato nessuno.
È evidente, non sono denutrito come loro, non ho il terrore negli occhi appena vedo una jeep.

“No, un momento! Non può lasciarlo fuori!” interviene tempestivamente Bulma

“Mi dispiace, ma queste sono le regole. Chiunque che non siano ebrei, zingari, omosessuali, o comunque gente ricercata dalle SS., non sono autorizzati ad entrare” spiega l’uomo. Io mi giro verso di lei.

“Non ti preoccupare, troverò una locanda per passare la notte, voi dovete entrare” dico mantenendo la calma

“No! Non posso lasciarti fuori, ti rendi conto? Se ti trovano ti fanno fuori!” dice attaccandosi a me. La cameriera e il moccioso non dicono niente, così come l’uomo che ci sta di fronte, che si limita ad assistere alla scena senza fiatare.

“Non mi troveranno, ok? Ora non mandare tutto all’aria! Abbiamo fatto tutta questa strada per niente se non entrate!” cerco di convincerla, ma lei ignorandomi, si volta verso l’altro.

“Senta, lui è buono! Non è un soldato, cioè... Lo era, ma non è più nelle SS., glielo posso assicurare!” continua Bulma

“Le ho detto che sono le regole, mi dispiace”

“... Vorrebbe lasciare il padre di mio figlio nelle mani di quei folli? Lo permetterà?!” perchè continua ad insistere? Non enterò comunque

“Signora, le ho detto che mi dispiace, ma purtroppo non ci posso fare nulla. Padre o no, ha fatto parte dell’esercito nazista. Non mi interessa se è cambiato e se si è pentito, non può entrare! Se non vi sbrigate ad entrare resterete fuori anche voi!” sbotta perdendo la pazienza.

“No! Loro non c’entrano!” intervengo. Senza dare il tempo a nessuno di controbattere, spingo Bulma e il marmocchio verso l’entrata.

L’uomo li prende per un braccio e, dopo averli accompagnati dentro, chiude la porta.
Resto a fissare il portone per vari secondi.
Cosa faccio ora? Dovrei trovarmi una locanda, ma dopo? Non posso vivere lì, cosa farò? Chissà quando finirà questa pazzia, loro resteranno chiusi nell’ambasciata fino alla fine della Guerra, dovrò trovarmi un lavoro per pagarmi la stanza della locanda... Sempre che riesca a sopravvivere.
Porto una mano alla tasca posteriore dei pantaloni, estraendo il portafoglio praticamente vuoto.
Lo apro. Ormai non mi è rimasto niente, giusto i soldi per pagare una stanza ed un ultimo pasto.
Mi volto verso la strada guardandomi intorno.
Scendo gli scalini e mi incammino per la prima strada che ho davanti, quando l’insegna mezza rotta di una locanda attira la mia attenzione.


            ... To be continued...

Salve a tutti. Aggiornare questa storia proprio il giorno della Memoria mi mette un po’ i brividi.
Mi fa ripensare a tutto quello che è successo e che, purtroppo, tutti i film o documentari non potranno mai spiegare bene fino in fondo.
Ripeto ancora che questa non vuole essere assolutamente una presa in giro a quanto accaduto, ma il nostro intento è solo quello di ricordare ciò che successe anni fa, in modo che mai più vengano commessi gesti tanto orribili.
Se purtroppo non siamo riuscite a rendere la storia in modo serio, ci scusiamo, ma ci tenevamo a precisare che, almeno, il nostro intento era nobile.

Nessun commento:

Posta un commento